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La stagione dei bolliti

Con i primi freddi si apre la stagione dei bolliti, un piatto caposaldo della cucina italiana, diffuso soprattutto nelle regioni del Nord, in particolare in Piemonte (celeberrimo il Gran Bollito Misto alla Piemontese), Lombardia (dove pare fosse noto già nel Medioevo) e Veneto (accompagnato dalla salsa pearà, a base di midollo).

Il bollito è un piatto di recupero per eccellenza, figlio di una cucina povera che destinava a questo tipo di preparazione i tagli di carne considerati minori. Nel maiale, le parti più utilizzate sono spalla, coscia, cotenna, orecchie e zampe, le più indicate per il bollito perché pur non contenendo molta carne sono ricche di tessuto connettivo e collagene. A causa della presenza di questa proteina in quantità così elevate i tempi di cottura si allungano, ma questa caratteristica regala al brodo densità e sapore unici.

Il bollito è anche un piatto “slow”, dove la lunga cottura nasce anche spesso dall’esigenza di rendere gradevoli e morbide le carni provenienti da bestiame macellato dopo “aver dato tutto”, a un’età troppo avanzata.

È una preparazione della tradizione ma contemporanea nei valori, l’essere antispreco e sostenibile, e che sa reinventarsi: oggi il bollito viene molto apprezzato anche in versione street food, per farcire gustosi panini, rivisitato in squisite polpette o addirittura in ghiaccioli! Fra le modalità più raffinate di gustarlo vi è l’Aspic. In questo piatto, tipicamente natalizio e diffuso in particolare nel Lazio, oltre alla carne lessata viene valorizzato anche il brodo, che qui viene reso in gelatina.

Una curiosità: lesso e bollito non sono sinonimi! Vi è una differenza nel metodo di preparazione perché, nel bollito, prima si porta l’acqua in ebollizione e poi si aggiunge la carne. Nel lesso, invece, la carne viene posta in acqua a freddo e poi si porta il tutto a temperatura.