“CARNE IN PROVETTA”: UN SAGGIO PER VEDERCI CHIARO
“Carne artificiale? No, grazie!”. Con questo titolo, deciso e diretto, Gilles Luneau, giornalista, saggista e regista francese, esperto di globalizzazione e questioni agroalimentari sintetizza in un volume (Castelvecchi editore, 2021) le conclusioni delle sue recenti ricerche e riflessioni sulle potenziali criticità legate alla produzione delle proteine sintetiche. Il suo ultimo libro è infatti una documentata indagine sulle lobby del cibo sintetico, delle quali viene ricostruita origine e sviluppo, partendo proprio dall’iniziativa di un gruppo di imprenditori che, in California, sta provando a concretizzare prodotti alternativi alla carne.
“Credo sia importante pesare le parole – ha affermato Luneau in una recente presentazione del libro organizzata da Eunews – perché queste influenzano il pensiero. Non possiamo utilizzare propriamente il termine ‘carne’ quando ci riferiamo ai prodotti di laboratorio, che non derivano da animali morti. Si tratta di surrogati, realizzati partendo da proteine vegetali. Non parliamo nemmeno di piante, però, perché stiamo considerando delle sostanze prodotte artificialmente tramite modifiche genetiche. La plant based meat è un alimento ultra-trasformato, molto lontano dalla genuinità, e ancora di più dalla sostenibilità di cui si fa promotore”.
Lavorazione di proteine di origine vegetale e coltivazione in vitro di cellule animali. Questi gli assi strategici su cui si muove la motrice della “Lobby del cibo in provetta” – come la definisce lo stesso autore – alimentata e sostentata dall’interesse economico. “C’è da sottolineare – puntualizza ancora l’autore – che gli interventi di coltura cellulare sono molto più lontani nel tempo, non si tratta di una vera innovazione scientifica, quanto piuttosto dell’applicazione tecnologica di concetti già noti. Da quando sono iniziate le ricerche sulla carne coltivata in laboratorio ci sono stati finanziamenti specifici, mirati, ingenti e allarmanti. È fondamentale però allontanarsi dall’idea del complottismo di gruppi vegani, transumanisti o antispecisti. Qui è in gioco la volontà di grandi attori del business, che agiscono per il proprio interesse. Al 2020 si contano 800 aziende che producono carni alternative a partire da proteine vegetali. 90 lavorano su cellule in vitro, e hanno anche avviato degustazioni al pubblico. Il mercato di destinazione non è tanto quello di culture latine, che hanno una forte cultura gastronomica, quanto piuttosto a paesi come gli Stati Uniti, la Cina o l’India”.
Nella disamina delle argomentazioni selezionate, Gilles Luneau, approfondisce anche le preoccupazioni connesse ai potenziali danni antropologici di una tale rivoluzione alimentare. L’umanità infatti, sin dalla preistoria, poggia i suoi cardini non solo sul cibo in quanto fonte di nutrimento ma anche in qualità di cruciale attività lavorativa; agricoltura e allevamento ne sono probabilmente i più cristallini ed autentici esempi.
Per approfondire: Gilles Luneau “Carne artificiale? No, grazie”, Castelvecchi editore, Collana: Nodi, 2021