
Pratiche sleali nella filiera agroalimentare: i passi avanti e i nodi da sciogliere
Il recepimento della direttiva 633/2019 ha armonizzato all’interno del mercato unico europeo gli approcci in materia di pratiche commerciali sleali nell’agroalimentare. La direttiva, pur lasciando consueti margini di manovra ai singoli Stati, pone principi comuni come la necessità del rispetto di precisi e definiti tempi di pagamento delle forniture, l’impossibilità di addebitare al fornitore costi per il deperimento merci non a lui imputabile, il divieto di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali, l’esplicito divieto di utilizzo di segreti commerciali acquisiti nell’ambito della normale attività di compravendita, la condanna delle ritorsioni in caso di segnalazione per pratiche sleali, che includono:
- evitare o rifiutare di mettere per iscritto condizioni commerciali essenziali
- modifiche retroattive unilaterali dei costi o dei prezzi dei prodotti o dei servizi
- trasferimento di rischio ingiustificato o sproporzionato verso una parte contraente
- perturbazione deliberata di un calendario di consegna o ricevimento per ottenere vantaggi ingiustificati o
- scioglimento unilaterale e senza preavviso di una relazione commerciale o imposizione di un preavviso irragionevolmente breve e senza una ragione obiettivamente giustificata.
Lungamente attesa da tutti gli operatori della filiera, tale direttiva pone le basi per un nuovo approccio alla disciplina delle pratiche commerciali tra operatori ma lascia anche aperte alcune criticità operative e punti irrisolti che la dr.ssa Francesca Sebastio, dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha recentemente illustrato durante il Convegno promosso da ASSICA a TuttoFood.
A livello nazionale, fra le principali novità, vi è la decisione di individuare un’autorità di controllo differente rispetto al passato: non più l’AGCM, ma all’ICQRF, l’Ispettorato del Mipaaf che già sovrintende all’applicazione di una gran parte della normativa agroalimentare. Il primo punto sollevato durante il Seminario è proprio la necessità di armonizzare i 2 impianti normativi attualmente esistenti a livello nazionale nella filiera agroalimentare: il Decreto legislativo di attuazione della Direttiva n. 633/2019 (di prossima entrata in vigore) con l’art. 62 della legge n. 27/2012, auspicando un protocollo d’intesa tra Mipaaf e AGCM per superare le differenze e sovrapposizioni esistenti tra la normativa nazionale e quella di estrazione comunitaria, in termini di fattispecie e di competenze.
In merito all’introduzione dell’obbligo della forma scritta per i contratti della filiera agroalimentare, la dr.ssa Sebastio ha consigliato alle Aziende di avvalersi di consulenza legale per la stipula degli accordi. Fra le altre ragioni alla base di tale considerazione, vi è la previsione nel Dlgs. di alcune deroghe all’obbligo della forma scritta e di altre forme scritte equipollenti, come ad esempio il documento di trasporto o di consegna, le fatture, gli ordini di acquisto per la consegna ecc. Tale deroga solleva perplessità in quanto la natura commerciale di tale documentazione non attesta l’effettiva manifestazione di volontà ai fini dell’acquisizione del consenso, anche per l’accertamento dello squilibrio contrattuale.
Una terza serie di considerazioni riguarda l’impianto sanzionatorio, che attualmente appare poco efficace poiché basato sostanzialmente su un criterio matematico che non considera altri importanti indici come a titolo di esempio, la dimensione dell’impresa, lo stato di debolezza del soggetto con minor potere contrattuale, l’ampiezza della pratica illecita realizzata, il numero dei soggetti coinvolti, etc. Inoltre, l’applicazione del decreto legislativo di attuazione della Direttiva n. 633/2019, richiederà un regolamento sulle procedure istruttorie per stabilire tempi certi e procedure per la conclusione del procedimento.
Infine, non è da sottovalutare la tutela dei consumatori finali che potrebbero essere pregiudicati da condotte ‘sleali’ attuate da aziende agroalimentari, i cui diritti sono tutelati dal Codice del Consumo, la cui applicazione è istituzionalmente assegnata all’AGCM. Non da ultimo, si configurano scenari nuovi anche alla luce delle nuove pratiche perpetrate online, i cui Regolamenti europei sono in parte entrati in vigore a fine 2020, mentre altri sono in via di approvazione.